Mà e pà, Tilde e Sergio, raccontano di quando gettai dalla finestra del 4° piano il triciclo perché, oramai cresciuto,
era sottodimensionato per la mia statura..!!
Ricordo di quando con il gokart a pedali, stufo di girare per casa, iniziai a scendere le rampe delle scale sempre dal 4° piano,
fino al portone d’ingresso della casa dove vivevamo…
Sorvolo quindi questa prima fase di esperienze inquietanti, ma comunque formative, per parlarvi del fabbro che di volta in volta mi risaldava
il telaio nella parte posteriore della mia bici, con la quale tentavo di seguire gli amici motorizzati nel campetto di motocross vicino casa.
Nel Giugno del 1970 a Città di Castello (PG), pa Sergio mi portò a vedere lo show acrobatico delle automobili SIMCA.
I cascadeurs francesi Jean Sunny’ e Josè Cangà, pionieri in Europa per la guida con le auto in equilibrio sulle sole due ruote, presentavano le nuove SIMCA con la loro troupe di acrobati.
Avevo 11 anni e per la prima volta vidi delle auto andare in testacoda e sulle sole due ruote..!
Le esperienze a motore, iniziano con il mio ciclomotore Peugeot 104 50 cc e la “Vespa” (Piaggio) 50 cc del mio amico Bettino Mangani, da lui
stesso trasformata in 90cc special; con loro riuscivamo a stare in equilibrio sulla sola ruota posteriore per centinaia di metri ed a farci del motocross
in tutti i campi della periferia romana.
Ricordo con piacere quando, in un pomeriggio di lucida follia, Bettino ed io ci recammo a Passo Corese, dove ha sede lo storico ed omonimo crossodromo,
il cui tracciato si sviluppa tra i colli della Sabina alle porte di Roma; arrivati lì decidemmo di percorrere con la sua Vespa 50 cc l’intero percorso,
salto della cava compreso.
Non contento dell’impresa, Bettino decise di compiere il giro del circuito nel senso contrario rispetto al normale senso di marcia; disse poi, che in quel
modo era di fatto un’altra pista e aveva ragione! Ma fu costretto ad evitare il famoso salto della cava che per le sue caratteristiche è impossibile
“copiarlo” al contrario con una Vespa 50cc, anche se trasformata in uno splendido novantino.
Quell’esperienza ci cambiò la vita: fu come se, motociclisticamente parlando, tutto o quasi diventasse possibile.
Come se non bastassero gli stimoli che mi venivano dalla strada, “pà” Sergio, spinto dalla sua passione per i motori, pensò bene di comprare una splendida Moto Guzzi California d’occasione con la quale nei fine settimana mi portava al
mare stuzzicandomi l’appetito e facendomela provare.
Ci seguiva a ruota “mà” Tilde con la sua Mini Minor e le mie tre sorelle che, divertite da quella strana coppia di motociclisti, facevano il tifo per “ma”,
con la speranza che arrivasse a destinazione prima di noi…!
Con i 16 anni arriva la prima moto da cross, una K.T.M. 125 GS 2T prima versione con il motore Kappa;
con lei e gli altri funamboli motorizzati della mia zona, per qualche anno, abbiamo dato il tormento agli abitanti di via dei Gonzaga, la via dove vivevo e dove
di volta in volta sperimentavamo varie soluzioni tecniche.
Sostenuti dalla passione e dall’amicizia di Virgilio Assegna, in arte “Piffero”, meccanico e filosofo d’altri tempi, occupavamo quotidianamente la sua officina
con i nostri due ruote, contribuendo con entusiasmo al tema ”moto e dintorni”.
Dopo gli anni della sperimentazione cominciai a fare motocross
con una moto vera: presi la licenza Junior Fuoristrada presso la Federazione Motociclistica Italiana e mi iscrissi al Campionato Cadetto e Junior Regionale
classe 125 cc ed iniziai a gareggiare.
In quegli anni Bettino lavorava come meccanico presso il nostro amico e guru del motocross Roberto Paoletti.
Insieme decidemmo di dare più escursione agli ammortizzatori modificando la parte posteriore del telaio del mio Kappa, che nata come moto da regolarità,
per l’uso nel cross risultava un pò “seduta”.Roberto mi ricostruì artigianalmente la cassetta di aspirazione, contrariamente all’originale potevo finalmente
utilizzare un filtro di spugna lavabile e rimontarlo in pochi secondi, degno di una moto ufficiale.
Partecipai a diverse gare ma, nonostante il motocross occupasse la maggior parte dei miei pensieri e del mio tempo libero, nutrivo comunque una strana
attrazione per l’asfalto e per il mono ruota. Quest’ ultimo da sempre, è la mia unità di misura per capire meglio la ciclistica e l’equilibrio di qualsiasi
mezzo a due ruote, miscelando così pesi, forme, l’erogazione della potenza del motore e le senzazioni che ne derivano.
Nel settembre 1979 con il mio solito gruppo di amici funamboli, andammo a vedere lo show degli STUNT CARS di Holer Togni che faceva tappa nella nostra città.
Una volta finito lo spettacolo, ci intrattenemmo con Holer il quale, dopo un breve colloquio, mi invitò a provare con la mia moto nella sua arena per un primo
approccio con le rampe del salto.
Il giorno seguente ero li con il mio Kappa a regolare la tensione della catena e la carburazione. Ancora non sapevo come sarebbe andata, ma ero molto stimolato
all’idea di superare in volo la decina di macchine affiancate messe tra la rampa di partenza e quella di arrivo.
Ricordo che per il primo salto avvicinammo molto le due rampe per capire la reazione della moto e per abituarmi al vincolo dell’atterraggio sulla rampa d’arrivo.
Saltare con quelle rampe era una gioia che avrebbe reso felice qualsiasi crossista, ma dovevi atterrare per forza nella parte più alta della rampa di arrivo
altrimenti rischiavi il “pacco” del fondo corsa degli ammortizzatori e un insaccata clamorosa alla schiena. Per regolarmi con la velocità, facevo un primo
passaggio di prova passando al fianco delle rampe così nel tempo, ascoltando i giri del motore, memorizzai che con la 3° marcia a ¾ di acceleratore
saltavo 8 auto, con la 4° marcia metà gas le auto saltate diventavano 11; sempre con la 4° marcia ma a tutta manetta diventavano 15 e così via.
Quella strana attrazione per l’asfalto e per il mono ruota, si era trasformata in una professione che mi portò ad unirmi alla troupe degli STUNT CARS
in tournée in Italia. Dopo Roma debuttammo a Milano nel grande piazzale antistante lo Stadio di San Siro.
Montai le due rampe per il salto posizionandoci 11 auto affiancate per riempire il vuoto che le separava; preparai la miscela, riempii il serbatoio del mio
Kappa e una volta indossata la tenuta da moto cross, iniziai a scaldarmi con dei lunghi mono ruota per poi scatenarmi in una serie di salti.
Tra mono ruota e salti, rimasi in sella così a lungo da consumare un pieno di carburante ed inevitabilmente il mio Kappa si spense.
Mentre ancora in sella riflettevo sull’accaduto, mi venne incontro Holer che sorridendo mi disse:“…hei giovane stuntman la tournèe è lunga, cerca di rimanere
intero…”
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